sabato 11 dicembre 2010

Il Natale colpisce ancora


Non c'è verso. Arriva tra due settimane, e l'unico modo per sfuggirgli è il bunker di Wikileaks. La gente inizia a salutarti dicendo auguri. Ci sono gli aperitivi, le cene, i brindisi tra e con estranei. I passanti carichi di sacchetti. Il traffico. Le scadenze. Il nervosismo e la malinconia. Ripercorro i miei, di Natali, e mi viene voglia di partire per il Serengeti con un biglietto di sola andata.
Non c'è niente di più implacabile di un luogo comune, e io, che verso sant'Ambrogio inizio a ringhiare e a Santa Lucia già mordo, vorrei solo essere una vestale di queste feste, un'interprete della più bieca iconografia natalizia che invece sfuggo per mancanza di materia prima. Vorrei una casa piena di luci, una famiglia piena di membri, un albero pieno di palle con una storia. Vorrei scegliere il menu confrontando Sale & Pepe, La Cucina Italiana e il Cucchiaio d'Argento. Vorrei accendere candele, appendere ghirlande, nascondere i regali e impacchettarli di nascosto. E soprattutto vorrei un presepe dove mettere Gesù bambino la Vigilia, a mezzanotte.
E invece.

5 commenti:

  1. E invece no. Solo io e la mamma, che vive ipnotizzata davanti alla Tv.

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  2. Vuoi passare il giorno di Natale a casa della Mira con il tuo fidanzato, i tuoi fratelli e magari anche papà, così facciamo un bell'esperimento sulla licantropia? Dimmelo che chiamo il National Geographic.

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  3. Però hai qualcuno che ti fa gli auguri.
    Auguri. :o)
    Sally

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