sabato 30 ottobre 2010

Aria di smobilitazione

E' quella che avverti quando la città si svuota e tu rimani al solito posto. Una versione macro della domenica, adesso che non c'è nemmeno l'alternanza casa/ufficio a giustificare la rarefazione dei rumori. Sono sempre qui, nella sala da pranzo polivalente, con i pennuti che becchettano nella ciotola di Wish ma senza il sottofondo urbano che mi accompagna e in fondo mi rassicura. E' nel mio imprinting di bambina, ricordo nel dormiveglia del mattino l'intensificarsi delle fermate del tram sottocasa e la sequenza,  due fermate ravvicinate e poi la voce della mamma, che pronunciava il mio nome chiudendo la sillaba finale in un sorriso. La domenica invece gli intervalli tra le fermate erano più lunghi, e mi alzavo solo per la mia cerimonia preferita: zompare nel lettone privo dei suoi abitanti e costruirmi una casa senza tetto con i 4 cuscini, nella speranza che il tempo si fermasse lasciandomi in quello stato di grazia.
Oggi il mio amore difficile è uscito, e tra quattro cuscini io non ci sto più. Peccato.

L'adrenalina

Mi ha sorretto in questi ultimi dieci giorni da convulsione su ogni fronte, poi è partita per un week end lungo, lasciandomi svuotata e inefficiente. Vago a vuoto per casa, pensando che dovrei spazzolare Wish prima che diventi rasta e si unisca a una band giamaicana, archiviare una pila di carte alta così, portarmi avanti sul lavoro ecc ecc. Invece fisso le mie orchidee, esaltata dai nuovi germogli e avvilita da quelli che non ce l'hanno fatta, e l'idea di annaffiarle mi sembra una sfida impari. Questi giorni di sospensione andrebbero vissuti di conseguenza, cioè da sospesi, come i burattini in attesa del prossimo spettacolo. Ma non ci riesco, e quindi ora vado a farmi la doccia. Anzi, il bagno, che mi fa meno fatica. Alla peggio, nanna in vasca, e poi ne riparliamo.

giovedì 28 ottobre 2010

Jet lag esistenziale

La stanchezza è come l'influenza, ogni volta presenta sintomi diversi. C'è chi diventa cattivo, chi stordito, chi catatonico. Alcuni, avvalendosi di una situazione familiare favorente, si limitano a svenire sul divano o direttamente con la testa nel piatto.  A causa dei miei ritmi circadiani invertiti dalla nascita (sono nata alle nove del mattino con servizio a domicilio, nel senso che mi hanno fatto nascere, ma io mi sono stancata lo stesso e quindi ho subito scambiato il giorno con la notte, un jet lag che dura da allora), subisco la stanchezza altrui come in un racconto di Buzzati. Così, mentre io inesorabilmente mi sveglio il mio intorno si affievolisce, dall'amica che mi sbadiglia nel telefono, al fidanzato che mi fissa ammutolito, alle mail che si diradano.
Il mio metabolismo peggiora la situazione, nel senso che funziona come una batteria: mi basta un po' di carboidrato e mio malgrado mi ricarico. Alle otto ho malinconicamente guardato Wish, che aspettava il suo giretto serale, scuotendo la testa: non ce la faccio, se vuoi sessione di coccole ma di uscire non se ne parla. Faticosamente, ho ripristinato la modalità sala da pranzo in quello che di giorno e di notte è il mio ufficio, e sognando il letto ho tirato le nove, quando ho presentato una cena con vivo senso estetico ma egualmente da vergogna.
E ora, maledizione, sono di nuovo pronta per qualunque sfida, fisica e intellettuale. Serve una mano per ridipingere la facciata, sistemare il solaio, attaccare piastrelle? Sono pronta, perfettamente lucida e disperatamente sola.
Wish russa, le luci della casa si spengono, per fortuna c'è la Madonnina, che è sempre illuminata. Ma secondo me fa finta, e dorme anche lei.

Dove sono le mie madeleines?

Leggo il post di Petulia, che nel giorno del suo compleanno è ancora più ispirata del solito, e mi rendo conto di come l'accelerazione dell'esistenza ci privi anzitempo dell'evidenza dei ricordi. Siamo condannati ad una sorta di Alzheimer precoce riscattato dalla condivisione con i coetanei, o, al contrario, è la velocità stessa del cambiamento che ci illude di non invecchiare mai? Penso alle generazioni precedenti, che si susseguivano nella celebrazione degli stessi riti, mangiavano, usavano e facevano le stesse cose, alla stessa età, in una sequenza di tacite iniziazioni. E secondo me, limitandosi ai fondamentali, si facevano anche meno menate.
La differenza che salta agli occhi di tutti è data dalla pervasività delle tecnologie, che da strumenti al nostro servizio si sono trasformate in una protesi emotiva, ma anche quello che mangiamo la dice lunga sul cambiamento. Tutte le famiglie, anche quelle Bofrost-dipendenti, hanno una ricetta per un piatto che mangiano da almeno tre generazioni, ma perché al ristorante nessuno fa più le scaloppine, la sogliola alla mugnaia e il purè? E io, che non so il nome di una via di questa città che amo alla follia perché mi oriento solo in base all'ubicazione delle pasticcerie, perché non trovo più una zuppa inglese a pagarla oro?
E non posso nemmeno farmela, perché il maraschino lo vendono solo dei pusher ultracentenari? 
 

mercoledì 27 ottobre 2010

Thank you, Mr. Gore

E così oggi vado al convegno sulla responsabilità sociale d'impresa, che si apre con un intervento di Al Gore in persona. La vicinanza fisica a persone che normalmente stanno in una scatola digitale, sul giornale o dove succedono le cose quelle vere, lo ammetto, mi impressiona. Parlo dei grandi, non degli avanzi da reality.
Penso a immagini, pensieri e parole che potrei scaricare se potessi connettermi via USB al suo cervello. Le telefonate con Clinton, uno dei miei miti il cui declino coincise con l'inizio delle mie sfighe. Il ritiro del Nobel, la consegna dell'Oscar. I bagni di folla durante la campagna presidenziale, le conversazioni con gente capace di influenzare il futuro di intere generazioni. Il dietro le quinte di cose che la gente comune manco se l'immagina. La Socia, mediamente molto più saggia di me, ridimensiona tutto, preoccupata dal suo stesso cinismo. Per uno che ha una gelateria un guasto elettrico è come il disastro della BP per i suoi dirigenti. Se fai il politico è normale parlare di macroscelte, macrotendenze, macroeconomia. Penso ai nostri politici, ultimamente concentrati sulle microcucine, ma è solo un attimo. Sicuramente l'abitudine si fa a tutto, e se la tua professione prevede che l'ordine del giorno includa voci come riforma sanitaria e delle pensioni dopo un bel discorso sullo Stato dell'Unione, beh, quello è il tuo lavoro.
Il ragionamento non fa un plissé, ma vuoi mettere la complessità e la posta in gioco? Un mio errore mi abbatte, ma nel mondo ha lo stesso impatto del battito d'ali di un fringuello. Se sei un grande sbagli da grande, altro che balle. E non sei il solo a pagare. O magari la fai franca, protetto dalla tua stessa posizione (una tendenza che da noi ha preso piede e oggi va per la maggiore), ma il peso del rimorso? Un rigore sbagliato ai mondiali è capace di segnarti la vita, mentre se giochi a calcetto basta una birra per riprendersi.
E così lo ascolto, pensando all'asimmetria tra lui e noi, che di lui sappiamo un sacco di cose, anche personali. Il divorzio, le massaggiatrici particolari, la propensione per la bottiglia. Le sconfitte, la capacità di reinventarsi, il successo da comeback, Current TV,  la faccia di sua figlia.
Poi viene il momento dei saluti a protagonisti e maestranze, in una saletta riservata, e ci stringe la mano. Stranamente, riesco a formulare una frase sensata, e mi sorride, con la testa già al prossimo impegno, ai prossimi volti anonimi, alle prossime cose che ripeterà automaticamente.
E io, colta da demenza, non vedo l'ora di dire alla mia mamma che ha fatto bene a farmi studiare le lingue.
Mi faccio tenerezza da sola.

martedì 26 ottobre 2010

Le parigine

Ho deciso, me ne frego dell'età e le compro. Per uso personale, mica per uscire. Le scelgo nere, con dei trafori che mi ricordano la calzamaglia bianca in cui venivo insaccata da bambina per andare alle festine. Vestito con corpetto a punto smock, golfino bianco incrociato davanti, colletto di piquet e il terrore, puro, che mi attanagliava quando scoprivo che la festa sarebbe stata animata dalla signorina dei giochi. Ma come fai a scattare per giocare a bandiera quando sei vestita come un prato di marzo?
La mia prima dichiarazione di indipendenza è avvenuta con l'eliminazione della canottiera. Poi con l'acquisto di abiti usati. E oggi, per celebrare la mia pseudo autonomia, penso che un paio di calze da soggetto di Toulouse Lautrec siano quello che ci vuole. Le sfoggerò in corridoio, facendo la ruota con Wish e i miei colleghi col becco. Tanto, sotto un bel paio di jeans, non le vede nessuno.

Vergognamoci per loro

La TV, da piccola, l'adoravo. Due canali più la Svizzera, e poi Capodistria, e TeleMontecarlo, un lusso. Il negoziato su Carosello, lo guardi ma in pigiama e poi fili a letto. Mi piacevano pure le pecore e le vedute dei paesini dell'intervallo, anche se il sommo godimento arrivava con le comiche o i cartoni animati fuori programma. Soprattutto Tom & Jerry, che secondo me si volevano bene da morire. Silvestro con Titti invece si odiavano, e io speravo sempre di vedere il petulante canarino trasformato in salma, ma niente. Topo Gigio, il Mago Zurlì, la faccia perbene di Corrado, i costumi delle ballerine di Canzonissima. Una TV gentile, che entrava in casa facendosi annunciare, e io rispondevo al saluto con la mano, pensando che che se io vedevo le signorine buonasera loro, simmetricamente, vedessero me. In pigiama, naturalmente, e con la vestaglia, da brava bambina composta.
Poi l'ho frequentata a fasi alterne, con picchi di dipendenza, come per le trasmissioni di Arbore. Quando ha iniziato ad essere molesta l'ho allontanata da casa, sostituendola con un acquario meraviglioso, moltissimi libri e uno schermo a tutta parete con un proiettore per i nostri film preferiti.
Oggi è tornata, e con MySky ho una compagnia gradevole per le mie lavorate notturne.
Ogni tanto però mi capita qualche incursione nel trash generalista. Ai fatti di Avetrana non ci voglio neanche pensare, e non vorrei essere Vinci che il picco di share con Matrix l'ha fatto rovistando nel pattume. Ma stasera assisto ad uno spettacolo inquietante, la caccia al gigolò del GF11. Se non avessero adombrato la storia triste del cassintegrato che vende il suo corpo per tirare avanti, sarebbe stato grottesco e basta. Ma questa cosa un po' da varietà, tipo "chi fa marchette faccia un passo avanti" con tanto di musichetta mi crea un disagio fisico, e molti interrogativi. Di natura etologica, più che sociologica. Nemmeno gli animali sono spietati come un autore televisivo in lotta con l'Auditel: la legge del branco è basata sulla gerarchia e sul rispetto, ma la gogna non è contemplata.
E mi viene in mente Cuore, il mio giornale preferito, che proponeva un servizio di pubblica utilità per chi non è in grado di vergognarsi da solo. Se "vergognamoci per loro" avesse un call center, stasera sarebbe sempre occupato. Altro che Chi l'ha visto.

lunedì 25 ottobre 2010

Twitter

Mi sono iscritta, e anche se la comprensione delle dinamiche di funzionamento mi sembra perfettibile sono felice di averlo fatto. E poi i miei colleghi passeri, cui si è aggiunto un paffutissimo pettirosso, sono tutti rintanati nella siepe causa scroscio continuo, quindi il pennuto di Twitter è proprio quello che ci voleva. E mi sento ancora più nodo nella rete.
E se penso al prossimo passo mi viene il batticuore.

sabato 23 ottobre 2010

Innamoramenti

Le amicizie profonde, nella mia storia, sono nate tutte così. Le persone importanti entrano nella tua vita all'improvviso, e non ne escono mai. Possono uscire dalla mia agenda, dal mio orizzonte visivo, persino dai miei ricordi, ma mai dalla mia anima dove depositano un pezzo della loro storia. E quest'anno, un anno difficile, intenso e a suo modo entusiasmante, mi regala portatrici di storie che non abbiamo nemmeno il tempo di raccontarci, ma che intuisco e mi affascinano. Un'amica è come un libro senza fine.
Che importanza ha? Tanto c'è il reader.

venerdì 22 ottobre 2010

Spettacolo d'arte varia

Così è la mia vita, vista da fuori. Non mi interrogo più sui fenomeni che mi circondano, ma mi limito a frequentarli. Poi, la sera, ricompongo il puzzle. Ci sono molte cose che mi sfuggono, ma ho già sprecato troppe cellule cerebrali per decrittare ineluttabilità varie e pure eventuali. Il mio piano B ce l'ho, e anche il Piano C inizia ad assumere una sua fisionomia. E sul frontespizio di entrambi c'è la mia faccia che sorride. Basta rughe sulla fronte, da domani si lavora sulle fossette.

Soddisfazioni digitali

Dopo un tentativo fallito riesco a connettermi con Paula, l'angelo di acciaio che vive con la mia mamma. Mi esalto, immaginando di poterla videochiamare ogni volta che voglio. Chiedo a Paula di riferirle che c'è sua figlia sul computer, anzi dentro. Attendo emozionata, ma dopo pochi secondi ritorna dicendo che la mamma preferisce andare a letto.
Per un motivo o per l'altro, sono sempre la vittima preferita del digital divide. E all'improvviso capisco che anche se la rete è diventata così importante i fili sono inutili, se i nodi non sono al loro posto.

giovedì 21 ottobre 2010

20 10 2010

Una data da ricordare, ripetuta ma non palindroma, con la compattezza dell'1, la vertigine dello 0 che se non stai attenta ti spedisce nell'infinito, la perfezione del 10 e la sicurezza del 20, che raddoppia tutte le premesse. Perché così siamo la Socia e io, che oggi ci meritiamo un applauso a scena aperta: solide, unite, e potenzialmente infinite. Nella pazienza, nella capacità di moltiplicare risorse risibili, e soprattutto nell'entusiasmo con cui ancora affrontiamo l'assedio.
La società si chiamerà così. Venti dieci. Una perfezione che nasce dalla simmetria delle aspirazioni.
Augh.

martedì 19 ottobre 2010

Amicizia e senso critico, ovvero acqua e olio

Petulia mi manda la foto, scattata a pochi metri da casa e pubblicata sul Sartorialist, di un soggetto metrosexual con pantalone da acqua in casa e stringata slacciata su caviglia ignuda, che sarebbe poi la divisa corrente da "mi occupo di fashion, adoro il glamour, sono un trendsetter". Sostiene, l'incauta, che la foto avrebbero dovuto farla a me quando esco con poncho e cane. Replico mandandole una foto scattata nello stesso punto di una creatura perfetta, presa di spalle, che anche se non la vedi in faccia ti fa pensare che come minimo al posto del bagno ha una spa. Tra le louboutin che le fasciano il piede nervoso  e il marchio che campeggia sul sacchetto che trastulla nelle mani pittate di Rouge Imperial (io ero rimasta al Rouge Noir, sono proprio antica) si evince un reddito, verosimilmente non suo di lei, ma di un simpatico supporter, tra il molto significativo e l'imponente.
Il messaggio che cerco di trasmettere è che io NON sono un soggetto da Sartorialist, anche se vorrei tanto. Mica per me, per Wish, che una foto se la merita proprio.
Verso sera mi risponde chiedendomi se sono io quella nella foto. E io capisco che mi vuole proprio bene, perché quando perdi il discernimento vuol dire che hai trovato un'amica.

Last minute

Sono io, che mi riduco sempre all'ultimo. Domani giornata intensa, il primo evento organizzato con la Socia, realizzato con una straordinaria e notevolissima povertà di mezzi ma con tutte le nostre risorse di donne abituate per DNA, archetipo e porte in faccia a non arrendersi mai. Una lezione di umiltà che pensavo non mi servisse, e invece sono entusiasta. Poi di corsa fuori Milano per l'ennesima vicenda che riguarda la gestione della mia bambina di 83 anni. E poi a casa, per la cena dei lessi, quando la lessa sarò io e invece di cuocermi a fuoco lento nella vasca mi dovrò pure azzimare.
Domani calze a rete, così la parte del cotechino mi viene meglio.

domenica 17 ottobre 2010

Strange days

Quando per entrare in una dimensione nuova basta varcare una soglia. Perché quando smetti di resistere cambiare è come respirare. E poi ricominci pure a sognare, ma i tuoi sogni sono progetti.
Voglio essere l'architetto del mio futuro.

Il brunch

Il primo non si scorda mai, soprattutto se è la tua prima volta a New York, sei innamorata e hai un amico che ti porta nel meatpacking district facendoti sentire non dico una del posto ma un po' meno turista del necessario. Poi qualche rara replica casalinga, soprattutto con le amiche. E molte versioni in cui sono l'unica commensale, la giornata inizia tardi e indecisa tra dolce e salato non scelgo e me li faccio entrambi.
E poi oggi, strafatta di ketoprofene, approdo a questa tavola che sembra un incrocio tra il desco di Nonna Papera e una copertina di Martha Stewart. Pancakes, muffin professionali e casalinghi, marmellate, sandwich, uova strapazzate, caffè americano e succo d'arancia. Sono così soddisfatta che all'inizio mi limito a guardare, poi attacco e non riesco a smettere.
Mia madre lo dice sempre che finirò nel girone dei golosi. Con Ciacco.

Duccio

5 mesi di cucciolo di lupo, allampanato, scoordinato e meraviglioso. Prende il mio poncho, di cui elimina qualche frangia random, per usarlo come cuscino nella cuccia e così facendo mi conquista in via definitiva. E poi compie il miracolo, cercando di coinvolgere Wish nei suoi giochi e ottenendo l'unico risultato di farla abbaiare. Così scopro la voce della mia cagnona. Che giornata.

mercoledì 13 ottobre 2010

I segni del tempo

Non del tempo che passa, ma del tempo che non ho. Me lo dicono le mani, con le unghie che sembrano un incrocio tra quelle di una pornostar e di una cercatrice di tartufi. Domani mi faccio il manicure. Sul tram.

La vigilante

La dipendenza dai miei blog preferiti si è trasformata in scimmia, e quando non trovo aggiornamenti per due giorni consecutivi vorrei avere le chiavi per entrare a controllare che sia tutto in ordine.
Potrei fare la metronotte dei blog.

Sette tagli

Finita la stagione delle grigliate passiamo ai lessi, plurale. Il combinato disposto delle mie origini piemontesi e le decennali scorribande in territorio veronese dovrebbero garantirmi una certa competenza in materia. Invece no. Interpello l'amica che cucina da sempre per passione e ora per professione e mi si apre un mondo: i sette tagli, mi spiega, non li fa più nessuno, io farei muscolo, cappone, lingua, cotechino, scaramella (chissà cos'è) mentre la testina di maiale, se ti conosco, mi sembra un po' troppo grassa. Approvo sollevata.
Con tutte le teste di porco che ho intorno mi manca solo di averne una nella pentola.
 
 

martedì 12 ottobre 2010

La sindrome della tastiera

Non le sopporto più, e soprattutto le confondo, queste estensioni protesiche che mi circondano. Rispondo al telefono con il telecomando di Sky però abbasso il volume con l'apricancello. Ho due mani con le regolamentari dieci dita previste dall'anatomia e approvate dall'Istat, perché non posso più usarle? Ho voglia di un telefono analogico, di un quaderno Pigna, di una stilografica e di un pallottoliere, e di forbici e graffette e nastro adesivo. Invece sono un atomo perso in un mondo di bit, e stanca come sono non ho nemmeno un lavoro da poter toccare.
Domani faccio la maglia, se riesco ancora a mettere i punti.

La pazienza

Ne ho molta, troppa. Così tanta che ho atteso, modello zerbino, che tutti si pulissero tacchi e suole. Sento però che la scorta si sta assottigliando, e penso che diventerò un arazzo. 
Pulirsi le scarpe in verticale, secondo me, è impossibile.

La sherpa

Sono io, la portatrice di cose. Tra mezz'ora vado a trovare mia madre e osservo preoccupata la quantità di colli al seguito. Due giorni che non la vedo eppure, tra spese, sorprese, varie ed eventuali la mia visita assomiglia ad una spedizione di Livingstone. Sono così abituata a questa carovana di oggetti, che quando sto per uscire solo con la borsa giro per casa come una falena impazzita, chiedendomi cosa ho dimenticato e dove.
Il tutto, con l'ascensore fuori servizio. Sei piani di devozione filiale.
Se rinasco faccio il cane, e non voglio nemmeno il collare.

La notte

E' la mia dimensione, niente da fare. Sono da buttare via per la stanchezza, ho perso a carte un'altra volta, domani di nuovo sulle barricate, ma io l'aspetto sempre. Poi, quando arriva, vado finalmente a letto. Dormiamo insieme, noi tre: la notte, Wish e io.
E il mio uomo, che non vuole che si parli di lui, dorme con tre femmine e non lo sa. 

Al galoppo nella neve

Ieri la vicina di mia madre mi racconta la sua prima volta a cavallo. E' un ricordo saldamente ancorato alla mia vita precedente, ma mi esplode dentro, e me lo godo tutto. L'alito di erba e peperoni dolci, il pelo vellutato del barbozzo, l'inimitabile senso dell'umorismo equino. Le corse al tramonto, quando arrivava l'estate, tra i cespugli di camomilla. E le nostre criniere appaiate ed emozionanti nell'ombra sul terreno.
Ma il ricordo più bello è una galoppata nel bianco, senza suoni perché la neve è silenzio, con la sensazione di aver preso il volo e non voler più tornare.

Incarichi

Oggi sono io a darli. A due amiche coraggiose e intelligenti che hanno deciso di trasformare la passione in professione. A quella che vuole progettare giardini presento un amico con un terrazzo in cerca d'autore, alla seconda, che cucina come una dea, affido una cena piemontese con lessi e bunet.
E sono così contenta che il fatto di essere una frana ai fornelli non mi pesa neanche un po'.

domenica 10 ottobre 2010

Pubblicità subliminale

Inizio a pensare di esserne vittima, perché da un'ora a questa parte ho una tale voglia di Kir royal che per un goccio di creme de cassis potrei cedere un rene.
Non si capisce il motivo.

Diavolo rosso

Senza motivo, testo e musica mi attraversano pancia e cervello e mi risucchiano nel mio tempo.
Colonna sonora di me che mi innamoro, vent'anni fa, di un uomo che esiste solo nei miei ricordi.
Di me che con la cometa di Hale Bopp attraverso una notte d'aprile, quella in cui mio padre ha smesso di esistere.
Di me che in una sera estiva piena di zanzare cerco gli occhi in cui mi voglio ancora specchiare e sbatto contro un'indifferenza opaca.
Voglio seguire queste note per vedere dove mi portano, adesso.

sabato 9 ottobre 2010

Complimenti

Quest'estate, un ventenne con gli amici che mostra di apprezzare la mia tenuta e a cui rispondo che potrei essere la sua mamma, ribatte "mamma o no, lei è bellissima".
A 38 anni, un uomo che pensando di offendermi mi definisce "ex bella donna". Ma non essendolo mai stata, mi esalto pensando che lo sembro.
E a 18, con un mazzo di fiori in mano, superando una nonna con il nipotino che le chiede "Quando sono grande mi compri la signorina con le margherite?"
Ma i migliori sono quelli silenziosi, fatti con lo sguardo.

Garibaldi o Mary Poppins?

Decido di gratificarmi e mi oriento verso il poncho che corteggio da più di un mese. Agisco e lo riprovo. Da dietro, assomiglio all'Eroe dei Due Mondi. Da davanti, chissà perché, sembro una tata inglese. Una signora peruviana gentile mi sorride e mi dice, con gli occhi, che sto proprio bene.
E così lo compro. Che lusso: una giornata, un poncho e la mia cagnona tutti per me.
 

A ciascuno il suo

Dopo tre giorni di digiuno ritrovo il mio appetito argentino. E quindi pizza acciughe e capperi con una birra ghiacciata, mentre per dessert inondo di panna montata e cannella le meringhe avanzate. Dopo un'ora mi fiondo nell'anta dei dolci. Paste di Meliga per me, biscotti a forma di osso per Wish.
Sfiliamo insieme lungo il corridoio, ciascuna con il suo premio, e quando colgo le nostre sagome appaiate in un riflesso, finalmente, mi ritrovo.

Freddie

Ci voleva la sua voce per farmi uscire dal loop di questa settimana. E così rientro a casa con i Queen a manetta, i finestrini abbassati e la prospettiva di una giornata tutta per me.
Una vera tamarra, ma sono a piede libero.

giovedì 7 ottobre 2010

Odio i traslochi

E infatti in un giorno solo ne faccio tre. Piccoli ma intensi, e ora il disordine regna sovrano. Ma domani avrò ragione dell'ultimo miglio, se riesco ad alzarmi.
Del resto, il vantaggio di non avere alternative annulla il problema della scelta.
Così, invece delll'asino di Buridano interpreto il mulo. Quello da soma.

martedì 5 ottobre 2010

Immotivata onnipotenza

E' quella che provo, all'improvviso, pensando a come la mia vita condizioni quella di altri.
Non ci avevo mai pensato, occupata com'ero a sentirmi una variabile dipendente.
Finalmente mi sento una x in un mondo di y.
E l'asse delle ordinate lo uso per fare bungee jumping.

Ti con zero

Ovvero, l'istante che segna lo spartiacque tra uno stato di cose e un altro. Per una che cede al cambiamento solo se avviene a bagnomaria è un tormento da non sottovalutare.
L'istante in cui ti innamori.
L'istante in cui si forma il tumore che uccide chi ami.
L'istante in cui capisci che ce l'hai fatta.
L'istante in cui ti crolla il mondo addosso.
L'istante in cui conosci qualcuno che cambierà la tua vita.
Descritta così, la vita è fatta di un minuto.
Ho le vertigini.

Ritorno ai fondamentali

Sento il primo dei miei tre Fratelli Persi dopo due mesi che non riusciamo a parlare. E recuperiamo, con una telefonata che inizia alle dieci e mezza e si inerpica fino alle due di notte. Tema portante, la normalità ritrovata. E il gusto infinito delle certezze quotidiane. Gli chiedo ridendo se nella casa nuova  ha sistemato una stanza per me. Me lo conferma, però ci sono delle piastrelle bruttissime.
Il secondo mi scrive su facebook: perché non vieni a Parigi? Easyjet costa poco, e qui hai una casa e un frigo.
E io, figlia unica senza discendenza, mi sento un nodo in una rete di affetti.
E il bello è che la mia famiglia è la più grande, la più complicata e la più divertente di tutte.

Stanchezza

Mi si abbatte addosso senza dignità. Mi si aggrappa alle reni, mi appesantisce il passo e stordisce i pensieri. Ma il sole sta uscendo, e domani sarà una giornata meravigliosa. Perché così è deciso.

domenica 3 ottobre 2010

La cena della domenica

Un menu accattivante. Riso soffiato, straccetti di manzo Pedigree e biscotti a forma di osso per Wish, con un velo d'olio di oliva che rende il pelo lucente.
Lasagnette agli asparagi con due tocchi di focaccia ligure uso scarpetta per me.
E per celebrare la mia prima torta di mele, crepi l'avarizia, due dita di bolle italiane.
Rosé, le mie preferite.

Il gioco dei desideri

Nel tempo ho messo a punto diverse versioni: chi vorrei essere, dove vorrei andare, cosa cambierei di me o della mia vita, dove vorrei abitare. In questo momento, soddisfatta di chi, come e dove sono, torno al modello base. Cioè, cosa comprerei se il mondo fosse un gigantesco mall.
Un mazzo di dalie candide ed enormi.
I "cespugli di rose sotto gli alberi" di Klimt.
Una scatola di macaroons Ladurée (caramello e burro salato, liquirizia, pistacchio e violetta).
Uno smoking da donna di Yves Saint Laurent.
Una stilografica enorme con gli inchiostri di tutti i colori.
Un cucciolo di Terranova bianco e nero.
Una magnolia in fiore.
Un quartiere di casette in compensato per i passeri che abitano nella ciotola di Wish.
Una coppia di pavoni.
Gli orecchini più grandi del mondo.
Una Vespa.
Un caminetto.
Un arazzo fiammingo.
Un campo di lavanda.
Una pizza margherita coperta di basilico.
E infine una magnum di champagne, per brindare al mio shopping.
Che lusso, i desideri.
 
 
 
 
 
 

La cucina è una questione di chimica

Così mi ha insegnato mia madre, condizionata dai suoi studi. Se la ricetta dice burro, è burro, non margarina. E se sono 175 grammi, non sono 180, o peggio ancora 200 scarsi. Decido di preparare la torta di mele n. 3 della Belle Auberge, ed essendo l'unica probabile consumatrice riduco la ricetta di un terzo. Facilissimo, gli ingredienti principali sono tutti multipli di tre, ma al momento delle quattro mele, che diventerebbero due virgola sei periodico, mi vedo perplessa. Allora metto circa due mele e mezzo, scegliendo la metà più grande della terza mela. 
E penso che se viene una porcata ho un'ottima scusa: ho sbagliato le dosi.

Anni '70

Delusa come sono da Csaba e dal suo mondo ho deciso di sostituirla con Fox Retro: Charlie's Angels e Columbo. Del primo mi affascinano le acconciature di Farrah, inarrivabili, del secondo l'occhio di vetro di Peter Falk, che non capisco mai quale sia. Ma la cosa fantastica sono design e dimensioni delle tecnologie. Guardo con tenerezza magnetofoni, dittafoni, telecomandi enormi e ripenso al mangiadischi in cui inserivo i 45 giri con le storie di Topo Gigio.
Ma cosa mi dici mai.
 
 

Contraddizioni di una domenica uggiosa

"Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato".
Il finale del grande Gatsby continua a frullarmi nella testa, mentre per la prima volta nella vita pianifico il mio futuro.
C'è qualcosa che mi sfugge.
 

venerdì 1 ottobre 2010

Nobody's perfect

Jack Lemmon che balla la comparcita con parigine e maracas mi ha accompagnato per buona parte di luglio, e quando me lo ritrovo davanti stasera provo la stessa emozione che da piccola mi suscitavano le signorine buonasera quando annunciavano, come fuori programma, le comiche o i cartoni di Tom & Jerry.
Se trovo anche Operazione Sottoveste la mia felicità sarà perfetta.

Wish e io

Usciamo insieme, verso le otto, a farci quattro passi. Camminiamo veloci e affiatate, e quando le tolgo il guinzaglio resta al passo per un tratto. Poi ciascuna segue il suo istinto: io costruisco storie visive guardando volti e vetrine, lei segue vicende olfattive precluse al mio naso umano e imperfetto.
L'aspetto all'angolo, e quando arriva al galoppo penso a quand'ero sola come un cane.
Ora sono spesso sola, ma con un cane è tutta un'altra cosa.

Questione di fisiognomica

Interviste barbariche. La Bignardi intervista il Trota, che alla domanda "quali sono i tre valori fondamentali per te?", parte con l'onestà ma poi si blocca, non ce la fa. Non ci riesce. Lo guardo e penso che Lombroso ha ragione.
Da vendere.

Badanze

Prendo il coraggio a due mani e raccolgo tutti i pizzini su cui ho appuntato i nomi di potenziali badanti per mia madre. Parto da una candidata peruviana, come la sua Eva adorata.
Buongiorno, sono X, parlo con Evelin?
No, sono Daisy, la sorella. Le dò il numero di Evelin.
Sono moderatamente perplessa, ma chiamo il nuovo numero.
Buongiorno, sono X, parlo con Evelin?
Sì.
Perfetto, mi ha detto Y che lei sta cercando lavoro, e...
No, è mia madre Salomè che cerca lavoro. Le dò il numero.
Perfetto, così conosco tutta la famiglia, è una forma di garanzia, in fondo.
Buongiorno, sono X, parlo con Salomè?
Sì, momento... e mi passa a qualcuno.
Buongiorno, sono X, con chi parlo per favore?
Sono Daisy, la figlia di Salomè. Cosa vuole?
Un gin tonic, e il vostro albero genealogico, please.
 
 

La mamma è sempre la mamma

Anche quando i ruoli si invertono e lei diventa la tua bambina. Non è facile, ma nonostante l'assottigliamento della mia libertà personale penso alle piccole sorprese che sto preparando per il suo rientro a casa e mi sembra un anticipo sul Natale. Nuove piantine per il balconcino di cucina, tanti cioccolatini accanto alla sua poltrona, un nuovo libro scritto grande a capitoli brevi per addormentarsi, la trapunta di piuma sul letto perché le coperte pesano troppo, il suo sapone preferito, gli asciugamani di lino, i lamponi con la panna.
Ci parliamo così, ora che è stato detto tutto, attraverso piccoli gesti che smussano gli angoli della perdita di autonomia.
Mi ha rovinato, crescendomi come una principessa, ma io voglio trattarla come una regina.
Almeno ci provo.

Del potere salvifico della bellezza

Lo stress avanza, i segnali sono inequivocabili. Scompongo e nomino le mie paure, perché come mi ha insegnato Scaparro ciò che conosci non ti spaventa. E così, di fronte al mio terrore in polvere mi trovo a pensare che la bellezza non la perdi se è dentro di te. Eccolo, il mio patrimonio che non teme la crisi. La capacità di riconoscere la bellezza che ho intorno perché è solo il riflesso di quella che mi porto dentro, costruita specchiandomi negli occhi amati di chi mi ama.