sabato 23 giugno 2012

Sanculotta senza un perché

Il lavoro è arrivato, tutto insieme, senza farsi annunciare. E sono giorni e ore di scavi nelle nostre memorie, la mia e quella del mio Vaietto, tra idee che prendono forma e si fanno quasi toccare. Oppresso da sollecitazioni inconsuete il mio neurone residuo si vendica, e io mi guardo da fuori e rido, mentre cerco di dominare l'aria condizionata con il cordless, mi aggiro tra bucati impostati all'alba che ricordo di stendere al tramonto, invio mail tronche, mi perdo i pezzi le chiavi e gli occhiali. Il culmine lo raggiungo quando esco di corsa e per strada mi accorgo che manca qualcosa.
E torno indietro, di fronte allo sguardo perplesso di Wish, che lei senza mutande si trova benissimo.

venerdì 15 giugno 2012

Urbanità

Il debito di tre euro con il panettiere che fa la focaccia genovese più buona del mondo mi perseguita. Lo chiamo per dirgli che non mi sono dimenticata, e già che ci sono ordino una mezza teglia, che non si sa mai. In estate chiudo prima, si ricordi, ma certo. Arrivo trafelata con Wish che mi trotta al fianco e lo vedo subito, che la saracinesca è abbassata. Intuisco un cartello, e col mio solito ottimismo ipotizzo un lutto repentino. Incuriosita mi avvicino, il cartello porta il mio nome e mi dirotta al civico di fronte, in una minimalista bottega di sete e cose orientali, dove il mio carico unto e prezioso riposa tra antiche teiere e un sontuoso kimono.
E questa città diventa un borgo, dove il tuo nome si scrive sui muri e i debiti si pagano ai vicini dei tuoi creditori. E tu sei quella con tanti capelli e il cane bello e grande, e buonasera la stavamo aspettando.

mercoledì 13 giugno 2012

13 giugno 2002

Ero infinitamente stanca, allora come oggi. Era un lutto diverso quello che mi appannava lo sguardo e mi accorciava il respiro, mentre io cercavo solo amore. L'ho trovato, era il 13 giugno. I miei ricordi sono lampi di lucidità, ci sono io, commossa al matrimonio della Socia, che ha tra le mani un bouquet di fiordalisi, edera e delphinium e al suo fianco un grande uomo. E poi ancora io, che non mi reggo in piedi, il vino non lo tocco ma mi ubriaco di parole, auguri e sorrisi.
Finita la festa lo raggiungo attraversando la notte, la città è chiusa e afosa, e ci sediamo ai bordi della fontana. L'acqua è fresca, le sue mani calde e grandi, e i suoi occhi di carbone si fanno di velluto quando ci guardiamo e smettiamo di parlare.
E dopo dieci anni i suoi occhi sono l'unico specchio in cui mi trovo quando nemmeno io riesco più a vedermi.