martedì 23 aprile 2013

Le gioie della vita, in ordine sparso


Il purè caldo con il prosciutto cotto. Dormire nel letto con la mamma quando papà era via. Costruire una casetta con quattro cuscini per pareti e uno per tetto. Guardare la tv abbracciata a Wish. Riconoscere i cani dall’odore e le persone dal passo. L’uovo sbattuto con lo zucchero. Leggere una lettera d’amore. Scrivere una lettera d’amore. Scoprire che certe lettere d’amore non ti fanno più male. Lasciare i discorsi in sospeso con le amiche. Imparare a perdonarsi. Smettere con le guerre di religione e cercare soluzioni. Le lenzuola fresche di bucato. Addormentarsi dalla propria parte e svegliarsi abbracciati. L’acqua fresca quando hai sete. L’odore della terra. Il primo sorso di Coca Cola quando hai mangiato troppo. Ignorare la sveglia e rimettersi a dormire. Vedersi in una vetrina e trovarsi bellissima. Ricevere un mazzo di fiori. Avere un soldino per stupire chi ami con un regalo pazzesco. Ripensare al passato come se appartenesse a qualcun altro. Vedere qualcuno che fotografa il tuo cane. Perdersi in un libro come se fosse l’ultima cosa che fai nella vita. Essere un punto di riferimento per qualcuno. Stracciare i sensi di colpa. Camminare a piedi nudi. La soddisfazione dei bisogni elementari, sonno fame sete pipì. Guidare con la musica a palla. Vedere un uomo che inciampa per guardarti. Svegliarsi da un incubo e capire che non è successo nulla. Riscrivere il futuro. Sentirsi a casa in un posto che non avevi mai visto. Il sole d’inverno. La spremuta fresca al mattino. Sentire che sei sulla strada giusta e non ammetterlo per scaramanzia. Il primo bagno in estate. Il silenzio della neve. La luna piena tra ulivi e cipressi. Smettere di incazzarsi perché sai già che poi ti passa. (continua)

giovedì 18 aprile 2013

Anatomia della felicità

La felicità non ha storia, dice sempre la Socia. Scopro stasera che non ha nemmeno motivo, quando annusando l'odore dell'aria provo una felicità irragionevole e totale. E in pochi istanti mi lascio alle spalle questo letargo malarico in cui mi sono rintanata per giorni e mesi, accantono la stanchezza, il caldo e i pensieri, chiamo Wish e corriamo fuori insieme, impazienti di vivere e correre sui prati. Incrocio aiuole che sembrano sbocciate nella notte, supero papaveri e tulipani, narcisi e bocche di leone, e quando vedo Wish slanciarsi sull'erba punteggiata di margherite mi fermo, in un momento di equilibrio perfetto.
Nulla è cambiato, il mio passato è scritto nella pietra e il futuro resta incerto, ma questo attimo di presente me lo godo con tutti i sensi. E non mi chiedo nemmeno perchè. 

lunedì 8 aprile 2013

Privilegi alla nascita

E così anche Margaret Thatcher se n'è andata. Tra le sue frasi celebri trovo questa, che cristallizza pensieri recenti: "Sono nata con due grandi vantaggi: poco denaro e ottimi genitori", un'eredità che mi accomuna a questa donna straordinaria. E io, che l'amore infinito dei miei genitori lo porto anche nel nome che mia madre mi ha regalato, non ho passato nemmeno un giorno della mia vita senza la certezza granitica di questo privilegio che annulla tutti gli altri.
E il denaro, che in casa andava e veniva e a un certo punto non è più tornato, non ha mai guidato le mie scelte. Non ho mai sognato la ricchezza, ma la libertà, e non potendo comprarla me la sono procurata altrimenti.
E per tutto questo mi viene da inginocchiarmi e ringraziare il fato benigno che mi ha accolto un venerdì di aprile in cui, credo, c'era il sole.

La foto l'ha fatta mio padre e l'ho trovata nella Collezione Alinari. 

domenica 7 aprile 2013

7 case + 2

Della prima non ho ricordi, l’ho lasciata a tre anni, l’associo al fiocco rosa sul portone che apriva uno dei filmini sgranati della mia infanzia. La seconda mi sembrava enorme, forse lo era. Elementari, medie e liceo, abitavo lì quando ho capito che siamo tutti uguali ma qualcuno è più uguale di te. Nella terza sono diventata adulta, ho conosciuto l’amore e l’infelicità e guadagnato i miei primi soldi. La quarta, che c’è ancora, è foderata di dolore e sa di capitolo finale; la perdono solo quando la luce, entrando con prepotenza, confonde i ricordi. La quinta, che amavo alla follia, mi assomigliava, e me la sono lasciata alle spalle in una sera di novembre. La sesta era improbabile ma divertente, con la scala a chiocciola, la parete rossa e il terrazzo pieno di palme, bambù e gelsomini. La settima, dove sto ora, è uno splendido paradosso, mi riporta ai luoghi dell’infanzia e mi ricorda ogni giorno che nulla è come sembra.
E poi c’è l’altra, l’ottava, che a volte mi chiedo se è mai esistita, persa tra nebbia e rose selvatiche, provvisoria come la felicità con cui, ogni volta, aprivo la porta.
E la nona, che mi ha accolto con gli ulivi e i cipressi appena piantati, sa di terra, di erba e di legna bruciata, e la notte è piena di stelle.