venerdì 20 gennaio 2012

Sorella Lumière

Sono tutti cinefili. Chi al cinema ci va stasera, e parla con chi c'è stato ieri. L'amica gemella che nel weekend vede due film, ma ha già una lista lunga così. Io invece no. Anarchici e navigatori a vista l'Innominabile e io, semplicemente, non riusciamo ad andarci, e i film dell'anno li vediamo dopo mesi, su Sky.
Poi mi imbatto in un cult, la scena delle scuse nei Blues Brothers, e parte l'amarcord di quando il grande schermo era sempre abitato. Quello del cinema vicino a casa, quello dove si andava apposta dopo aver cercato parcheggio per ore, quello enorme che ci eravamo messi in casa nella vita precedente. E le scene che puoi vederle e rivederle e ridere, piangere o assaporartele ogni volta. Il valzer del Gattopardo, il maiale nella doccia di Operazione sottoveste, i baci tagliati di Nuovo Cinema Paradiso. La dettatura della lettera di Totò Peppino e la malafemmina, le gaffe di Quattro matrimoni e un funerale, Thelma e Louise che schiacciano l'acceleratore, Miss Daisy che insegna a leggere al suo autista, l'immobilità di Quel che resta del giorno. L'odore della disperazione di Gruppo di famiglia in un interno, lo sguardo di Micol deportata nel Giardino dei Finzi Contini, il mare metallico di Morte a Venezia. La quadriglia di Cary Grant in Indiscreto, la bellezza impossibile di Helmut Berger nella Caduta dei giganti, il twist di Pulp fiction, la pajata del Marchese del Grillo. Il "nessuno è perfetto" che chiude A qualcuno piace caldo, l'ineluttabilità del Sorpasso, la disperazione della Ciociara. L'orgasmo simulato di Harry ti presento Sally, le lacrime ritrovate di Filumena, le coreografie di Mamma mia. E vorrei ringraziarli uno per uno, gli attori i registi le comparse e le troupe che mi hanno fatto questo regalo sublime.

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