Vedendomi da fuori nessuno penserebbe che ho un'indole stanziale. Assomiglio semmai a un incrocio tra una renna e una zingara, carica come sono nei trasferimenti da casa mia a quella di mia madre e poi da lì a qui, nelle campagne a nord di Roma dove non ho radici ma attecchisco subito. E dopo giorni pigri di sole e silenzio le mie ore riprendono a correrre tra parole e nuove cose, fatte e da fare. Sistemata la tana, al risveglio mi aggiro intorno all'Innominabile, che tempesta sulla tastiera frenetico e soddisfatto. E mentre mi preparo una sontuosa colazione alza gli occhi e mi dice "tu riempi veramente la mia vita". Resto fulminata con un mandarino in mano, e penso a come la più piena delle esistenze sia piena di buchi, quando è senza amore.
E tra i cipressi e gli ulivi che dieci anni fa sono arrivati con me, da dannata che ero, torno a essere benedetta.
Amen.
Evviva. Bello.
RispondiEliminaemozione rileggerti, anche solo qui.
RispondiEliminama quanto siete innamorati? ma che bello, ma che bello.
RispondiEliminaAmen, ragazza. Decisamente.
RispondiEliminaBelle sarete voi. E infatti.
RispondiElimina