Ci siamo incrociate qualche volta, quand'eravamo già adulte, ma nella
mia testa è ancora la mia compagna delle elementari. Ci ritroviamo su facebook
e decidiamo di rivederci, cosa che accade stamattina. Lei con la sua bicicletta,
io con il mio cane, entrambe con una valanga di cose successe nel frattempo. Ci
riconosciamo subito, certe cose non cambiano mai: i suoi ricci, lo sguardo
azzurro, il sorriso aperto. Alte entrambe, invidiavo quel
centimetro in più di me, il fatto che avesse un fratello e, come se non
bastasse, un cane, e glielo confesso. Ma tu come mi ricordi, le chiedo, e lei
mi parla di una bambina perbene, seria e pensierosa, con i calzettoni bianchi traforati.
Ridiamo insieme di questo must dell’abbigliamento infantile che ha afflitto la nostra generazione, e aggiunge: “Li avevamo tutte, ma i tuoi erano sempre bianchi
perché per non sporcarli non venivi a giocare”. Lancio un’occhiata ai miei
stivali inzaccherati, mi guardo da fuori e sorrido a quella bambina timida e impacciata
che ero e non volevo essere. E mi rendo conto con una vertigine che sono
diventata la donna che avevo in testa, e che il bello deve ancora arrivare.
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